La nostra agricoltura sinergica dove nulla va sprecato

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Che cos’è l’agricoltura sinergica? Questo metodo di coltivazione  si basa sul principio che l’unione fa la forza, si tratta di sinergia, ovvero la collaborazione di ogni parte per il raggiungimento di uno scopo comune. E quale può essere lo scopo in un sistema tutto sommato “artificiale” com’è l’orto? Far sì che tutto tenda a riproporre un sistema naturale, con il minimo intervento umano: in natura nulla va sprecato e anche ciò che muore è necessario per la produzione di altra vita.
Questa tecnica agricola nasce dalla mente e dall’esperienza di un’agricoltrice spagnola, Emilia Hazelip , che applicò e approfondì i principi della permacultura e dell’agricoltura naturale del non-fare di Masanobu Fukuoka.
L’agricoltura sinergica è la commistione (soprattutto, ma non solo) di questi due grandi studi, applicati nello specifico all’orto: vi troviamo sia una buona progettualità iniziale, indispensabile per evitare interventi invasivi successivi e per far sì che si creino le migliori sinergie fra le piante (applicazione dei principi della Permacoltura), sia un rispetto per i meccanismi di auto-fertilità che si innescano naturalmente nel suolo – rielaborazione e adattamento ai climi europei dei principi dell’agricoltura del Mu a cui si ispirò Fukuoka.
Ed ecco la parola chiave, lo scopo per il quale è necessario “fare sinergia”, l’auto-fertilità, in cui “nulla va sprecato”.
Per arrivare a questo, l’agricoltura sinergica si attiene a quattro principi:

  1. Non lavorare la terra, niente aratura, né zappatura: il suolo è naturalmente ricchissimo di organismi la cui attività, in seguito alle lavorazioni del suolo e quindi alla sua ossigenazione, viene alterata. Rigirando il terreno, non facciamo altro che interrompere l’azione combinata di essudati radicali, residui organici e attività chimica di batteri, funghi e lombrichi, generando uno squilibrio nutritivo. L’agricoltura tradizionale rimedia a tali carenze applicando fertilizzanti e concimi di sintesi. L’effetto che si ottiene però è solo temporaneo: le piante ne diventano dipendenti, il suolo si impoverisce progressivamente e aumenta la possibilità di sviluppo di patogeni.
  2.  Non compattare il suolo: per far sì che i micro-ecosistemi presenti nel sottosuolo abbiano la giusta areazione, non bisogna compattare il terreno; in pratica, non va calpestato. Anche per questo nell’agricoltura sinergica vi è una netta separazione fra terreno coltivato (fatto su bancali alti circa 40 cm) e passaggi su cui si cammina.
  3. Non concimare: la fertilizzazione avviene tramite copertura organica permanente. Ricreiamo ciò che accade in natura: avete mai sollevato le foglie cadute in un bosco? Sotto di esse la vita prolifera, la terra è scura e ricca. Ma come fare nell’orto? Ci sono due modi: tramite una densa convivenza di piante, perenni e stagionali, a diversi stadi di crescita e con diverse caratteristiche. Non se ne estirpano le radici, ma restano nel suolo e si lasciano le foglie lì dove cadono. Anche le erbe spontanee hanno la loro utilità, aiutando a mantenere l’umidità del suolo (pacciamatura vivente). Un altro modo è quello di coprire il terreno con paglia e altri materiali biodegradabili (pacciamatura secca, che svolge tante e importanti funzioni).
  4. Piantare in ogni aiuola almeno tre specie differenti di piante: per attivare l’attività sinergica. Le piante si aiutano a vicenda, perciò piantiamo su ogni bancale almeno :
  • una leguminosa, che fissa nel suolo l’azoto (principale nutrimento delle piante) presente nell’aria
  • una liliacea (aglio, cipolla, porro, etc..), che ha capacità anti-batteriche
  • un ortaggio appartenente ad altre famiglie: combinati insieme, i vari ortaggi arricchiscono il suolo e creano biomassa, stando comunque attenti alle corrette consociazioni. Non vanno poi dimenticati i fiori, che non rendono solo bello l’orto, hanno anch’essi funzioni di protezione, ed erbe aromatiche, che, correttamente consociate, aumentano lo sviluppo e il sapori di alcuni ortaggi (pomodoro/basilico, per fare un esempio).

In quest’agricoltura si strutturano gli spazi di produzione in modo da mantenere il suolo in uno stato normale, ovvero selvaggio, e viene stabilita con esso una relazione di cooperazione e rispetto profondo, avendo coscienza che si tratta di un organismo vivente. Per produrre in modo redditizio sfruttando l’autofertilità del suolo è necessario organizzare l’orto tenendo in considerazione un maggior numero di parametri rispetto ad altri sistemi di coltivazione biologici.
Il metodo del “non fare” non è completa inattività, ma mira a evitare azioni inutili, come ad esempio arare la terra per poi dover compensare aggiungendo compost. Per praticare quest’agricoltura è necessario provare prima di tutto un’empatia molto forte con l’organismo terra/suolo e rendersi conto della straordinaria complessità delle interrelazioni tra le specie di microrganismi presenti in un suolo selvaggio.